I nostri tre giorni in carcere, o quasi

Ingresso casa circondariale "Francesco Di Cataldo" (carcere di San Vittore)
Ingresso casa circondariale “Francesco Di Cataldo” (carcere di San Vittore)
Un nuovo capitolo per il Clan Varese 3-8

Il nostro clan ha scelto come argomento centrale per le attività di quest’anno il sistema carcerario italiano. Non avevamo mai affrontato la tematica delle carceri come clan, ma stimolati dai racconti di chi di noi è venuto a contatto con questa realtà, abbiamo deciso di affrontarlo come comunità. Fin da subito ci siamo accorti di quanto fosse esteso l’argomento e di quanti ambiti toccasse, quindi siamo partiti dalle seguenti tematiche: come funzionano le pene detentive, come le famiglie dei detenuti possono interagire con loro e come l’emergenza sanitaria abbia modificato la situazione all’interno degli istituiti penitenziari. 

L’associazione “Il Girasole”

Cercando le risposte alle nostre domande, siamo venuti a conoscenza dell’associazione “Il Girasole” che collabora con il carcere di San Vittore a Milano. L’associazione è stata fondata nel 2006 da un gruppo di ex scout di Milano che, seguendo le esperienze di servizio vissute negli anni, si sono chiesti cosa avrebbero potuto fare per il carcere al centro del loro quartiere. L’idea principale su cui si basa il lavoro dei volontari è quella di portare supporto a detenuti, alle famiglie di questi e agli ex detenuti.

 Il Girasole si impegna con uno sportello di ascolto a: raccogliere le esigenze delle persone detenute e delle loro famiglie, fornire alloggio ai detenuti in permesso premio, distribuire generi alimentari e di prima necessità alle famiglie che ne hanno bisogno, accompagnare le famiglie nelle procedure necessarie a richiedere i colloqui con i detenuti e fornire indicazioni pratiche su come possono sostenerli. Inoltre, grazie a figure professionali come psicologi e consulenti, l’associazione si occupa della mediazione famigliare tra detenuti e le loro famiglie.

La nostra esperienza

Nelle vacanze di natale siamo stati ospiti per 3 giorni nelle sedi dell’associazione.
Durante la permanenza abbiamo avuto l’occasione di fare servizio aiutando i volontari a svolgere le attività giornaliere: organizzare i magazzini, preparare i pacchi alimentari per le famiglie dei detenuti e sistemare gli appartamenti a disposizione dei detenuti per i permessi premio.

Alcuni di noi si sono dedicati allo smistamento delle donazioni che vengono fatte dai privati. I volontari raccolgono:  diverse tipologie di alimenti base, il necessario per l’igiene personale e il materiale scolastico; ci sembrava di aver sistemato il magazzino per almeno un anno, invece uno dei volontari ci ha spiegato che la maggior parte dei materiali sarebbe stata distribuita nel giro di un mese; è così che ci siamo resi conto del grande numero di persone che si trovano in questa condizione di difficoltà a causa dell’assenza di uno o più membri della famiglia, che spesso rappresentano l’unica fonte di reddito del nucleo famigliare. 

Ci siamo anche occupati della preparazione di un appartamento che sarebbe stato utilizzato a breve da un detenuto in permesso premio. Gli appartamenti sono a pochi passi dal carcere e vengono utilizzati da chi non ha la possibilità di ritornare alla propria residenza, o che non ne ha una; gli appartamenti sono un luogo tranquillo per incontrare le famiglie durante le feste senza dovere perdere tempo prezioso negli spostamenti.

Le testimonianze

Abbiamo ascoltato le testimonianze di: Luisa (presidentessa dell’associazione), Diana (volontaria), Silvia (psicologa) e Carmen (ex detenuta). Ognuna di loro è riuscita a farci entrare un po’ di più nel mondo delle carceri; ci hanno spiegato come funzionano i penitenziari e le differenze tra essi, siamo venuti a conoscenza delle opportunità lavorative ed educative che vengono offerte all’interno degli istituti, l’aspetto psicologico legato alle persone che lo vivono, di come cambino i rapporti con i famigliari e delle difficoltà che questi incontrano. Infine abbiamo compreso le dinamiche che si instaurano tra carcerati, descritte da chi le ha vissute in prima persona.

Nelle nostre riflessioni non avevamo mai pensato all’importanza della mediazione famigliare e a come le conseguenze della detenzione non ricadano soltanto sul detenuto, ma anche sui suoi affetti.  Per alcune famiglie avere un famigliare in carcere è un vezzo, anzi è una questione di onore, al contrario per altre è un trauma che segna per sempre la vita di queste.

È importante quindi rimanere a fianco delle persone che si trovano senza elementi fondamentali del nucleo famigliare, e per questo anche senza un sostegno economico e una figura di riferimento. L’intervento degli psicologi nella mediazione famigliare,  consente di mantenere i rapporti con i propri cari e cercare di elaborare il trauma causato dalla detenzione. Grazie alla testimonianza di Silvia siamo riusciti a comprendere quanto il servizio svolto dall’associazione sia fondamentale per poter garantire ai detenuti la continuità degli affetti, dando loro la possibilità, una volta usciti, di non essere completamente isolati ed emarginati, contribuendo così a non ripetere gli errori che li avevano portati all’arresto tempo prima. 


E dopo i 3 giorni in carcere?

Confrontandoci ci siamo accorti di come ognuno si sia portato “a casa” qualcosa da questa breve esperienza. In particolare, grazie al racconto di Carmen, abbiamo conosciuto la condivisione e la solidarietà che anche i detenuti vivono tra loro, con piccoli gesti che rimangono impressi nei loro ricordi. Ad esempio le calze di Carmen: la compagna di cella sapeva quanto lei, Carmen, amasse le calze; così quando ebbe la possibilità di andare a trovare la sua famiglia in permesso premio, non si dimenticò della compagna e andò, prima di rientrare, a comprare un paio di calze nel negozio preferito dell’amica. Ancora oggi Carmen conserva quelle calze e le considera come uno dei più bei regali mai ricevuti.

La nostra conoscenza, inizialmente fatta di pregiudizi e luoghi comuni, si è scontrata con una realtà fatta di persone reali, storie diverse e uniche, che non permette generalizzazioni con profili standard di carcerati, ma ci spinge alla riflessione e all’approfondimento prima del giudizio.

Cercheremo di portare questo nelle attività del capitolo, per offrire  alla nostra comunità un nuovo sguardo sulle carceri, in modo tale che prevalgano le storie vere sugli stereotipi.

Christian e Carolina - Clan Varese 3/Varese 8